Torre Agbar
 
 

Un proiettile d'acciaio e cristallo

BARCELLONA - Quando arrivi con l'aereo la noti subito, alla tua destra. Alta, colorata con sfumature indefinite, dalla forma provocatoria. La Torre Agbar è come un proiettile di centoquarantadue metri sparato sullo skyline di Barcellona.Davanti a lei, poco distante in linea d'aria la Sagrada Familia di Antoni Gaudi: il vecchio e il nuovo. I due edifici si guardano, quasi si chiamano. Forse si sfidano. Per Jean Nouvel, l'architetto francese che assieme al collega madrileno Fermin Vazquez è il padre di quest'opera che ospita il Gruppo Aguas de Barcelona (Agbar), «la Torre diventerà il nuovo simbolo della città».L'hanno costruita in plaza de Las Glorias al confluire delle tre grandi strade della capitale catalana, l'Avenida Diagonal, la Meridiana e la Gran Via. E' a dieci minuti di auto dal centro, in quella che dovrebbe diventare la Barcellona degli affari e della tecnologia. Stamane l'inaugurazione ufficiale con il re Juan Carlos.Trentadue piani, un cuore di calcestruzzo, il rivestimento in acciaio, la Torre racchiude il suo segreto nelle 4.400 finestre che la vestono. «Sono in cristallo trasparente e la loro posizione non è regolare - spiega Fermin Vazquez -. La parte di muro che sta sotto è dipinta, quaranta tonalità diverse scelte da un artista amico di Nouvel. Questo fa sì che il suo colore cambi con il passare delle ore del giorno. Ed anche con la luce diversa delle stagioni». Così la si può osservare con una tonalità terra o azzurro chiaro; oppure verdastra o grigia. La notte sarà illuminata da quattromila faretti indipendenti. Un effetto prevalente su tutti: l'azulgrana della squadra di calcio del Barcellona.E poi c'è quella forma, tanto criticata. Dapprima hanno accusato Jean Nouvel di essersi ispirato troppo alla «Swiss Re Tower» che Norman Foster ha costruito nella city di Londra; poi c'è stata la corsa a ribattezzarla: supposta, vibratore o, più elegantemente, proiettile.«In realtà - dice l'architetto francese - è come un grande geyser a pressione permanente che ha perforato il suolo. La definirei un'architettura che viene dalla terra ma non ha il peso della pietra». «E' comunque innegabile - aggiunge il suo compagno di lavoro Vazquez - che quella forma doni un tocco di sensualità a tutta la città». La capitale catalana dopo lo scetticismo iniziale (l'avvio dei lavori risale al 2001) con il passare del tempo sembra apprezzare questo strano grattacielo. «Sì, penso proprio diventerà uno dei simboli di Barcellona -dice convinto il mago della cucina Ferran Adria-. E' spettacolare. Mi piace molto. Troppo facile criticarla per la forma». Va oltre Javier Mariscal, disegnatore di fama internazionale: «Al contrario di ciò che dicono in molti, per me dialoga bene con la Sagrada Familia. Ed è interessante il luogo dove è stata costruita: ha una prospettiva fantastica. Venendo con la nave dal mare o con l'aereo la si vede perfettamente. L'altra cosa importante è la sua trasparenza, il gioco dei colori».Nouvel sembra aver messo d'accordo per una volta anche il mondo politico catalano. Pasquall Maragall, socialista presidente della Catalogna: «Troppo moderna? Non c'è dubbio. Ma a me piace». Josep Pique, ex ministro degli Esteri, leader dei popolari: «Un nuovo simbolo che rimarca ancor di più la peculiarità di Barcellona». Xavier Trias, uno dei capi dei nazionalisti: «E' una costruzione di grande qualità, ne servirebbero altre. Solo così possiamo dare un'immagine di città che continua a rinnovarsi».La parte di chi non ci sta l'interpreta il giovane scrittore Carlos Zafon, conosciuto in tutto il mondo per il suo ultimo romanzo, L'ombra del vento. «Non mi pare un esempio di architettura brillante o intelligente. Certo non si può dire sia il nuovo simbolo della nostra città, ne abbiamo altri come Gaudi o il Tibidabo».

di Gianni Valenti     dal Corriere della sera